L’assistenza sociale, oggi, è incapace di aiutare chicchessia. È fonte di iniquità e ingiustizia.
È materia per i professionisti dell’assistenza che vivono alle spalle di quella. Soprattutto stranieri. Tutto ciò va cambiato.
Ma la difficoltà è che spesso il lavoro dell’assistente sociale è ostacolato da leggi e procedure nazionali.
È contro queste che il Comune, con la sua autorità, deve agire. Al fine di:
– Separare a livello organizzativo le attività assistenziali per: la tutela secondaria (cioè quando la famiglia d’origine non è in grado) degli anziani – dei minori e le adozioni – dei disabili permanenti e la tutela dei disabili parziali per l’inserimento od il reinserimento sociale ed al lavoro.
– permettere all’assistente sociale di investigare sui casi singoli, superando a questo fine la subordinazione alla magistratura. Attribuire all’assistenza sociale locale capacità decisionali autonome, unitamente alla relativa responsabilità individuale.
– trasformare le elargizioni in finanziamenti, ovvero in prestiti d’onore, per abbattere i fenomeni delinquenziali associati, diminuire i costi e permettere al contempo l’allargamento ad aree più vaste delle prestazioni finanziarie.
– abolire l’intera politica delle case popolari perché assurda ed ormai fonte solo di ingiustizie, malversazioni ed a volte abusi e favoritismi. Nonché gravante sui costi di costruzione delle abitazioni e quindi sulla libertà abitativa.
– riservare l’assistenza sociale ai soli cittadini italiani, salvo accordi bilaterali con attribuzioni dei costi ai paesi d’origine.
– proporre di associare all’assistenza sociale locale anche tutti gli altri interventi di assistenza pubblica contro l’imprevisto, attualmente attribuita ad altri istituti (finanziati all’uopo).